CIBO E AGRICOLTURA

24.06.2022

NATURA O BIOTECH

L'Ue ha appena raggiunto un accordo sulla Pac, la Politica agricola comune e tra qualche giorno, a fine luglio, a Roma si tiene un importante presummit sul cibo e agricoltura nel mondo, che anticiperà il summit dell'Onu in Novembre presso la Fao. In questo fine 2021 sentiremo parlare molto di cibo ed agricoltura. Cosa ci aspetta nel futuro su questi due argomenti? Le questioni ambientali rompono gli argini amministrativi e i confini tra materie e ci presentano problemi multiformi e spesso veri e propri dilemmi. Questo del cibo è uno di questi. Il tema centrale, oggi, è: di quanta tecnologia abbiamo bisogno per produrre il cibo di domani? Come sarà? Come deve essere? Qual è il rapporto tra chimica e agricoltura? Su questi temi ci giochiamo una parte di quella qualità della vita che fa del nostro paese, a vocazione agricola evidente, uno dei centri mondiali del buon vivere.

I problemi possono essere affrontati dalla prospettiva integrale del rapporto tra salute e qualità del cibo. La definizione della nuova Politica agricola comune europea (PAC), i cui negoziati si stanno chiudendo in questi giorni, prevede che l' Europa continuerà a finanziare le pratiche agricole intensive dannose almeno fino al 2027. Il budget complessivo è ingente: ben 54 miliardi di euro all'anno nel periodo 2023/2027. L'accordo raggiunto dai negoziatori per conto delle tre principali istituzioni dell'Ue deve ancora passare al Parlamento europeo e ai ministri nazionali dell'agricoltura, ma questi passaggi sono normalmente una formalità. L'agricoltura in Ue contribuisce per circa l'8% alle emissioni di CO2 in atmosfera, ma ne assorbe almeno il doppio. Anche questo è un tema sul tavolo politico. Un'agricoltura a forte spinta chimica, cioè con un massiccio utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti chimici aumenta la quantità di emissioni clima alteranti e impoverisce, nel tempo, i terreni alterando l'equilibrio azoto- carbonio. Se approvata, la nuova Pac rappresenterà un serio ostacolo agli obiettivi ambientali concordati a livello nazionale, tra cui la riduzione delle emissioni climatiche europee del 55% e la fine della perdita di biodiversità entro il 2030. Si scontrerà anche con gli obiettivi di punta dell'agricoltura ambientale europea per dimezzare l'uso di pesticidi, dimezzare l'uso di antibiotici e dimezzare l'inquinamento da fertilizzanti, coltivare terreni agricoli biologici dall'8% al 25% e dedicare il 10% dei terreni agricoli agli habitat della fauna selvatica. Il giudizio sulla PAC europea, per ora è molto critico.

Le associazioni ambientaliste affermano che: "L'agricoltura intensiva è la principale causa di estinzione delle specie e crea il 15% delle emissioni climatiche europee. C'è una diffusa contaminazione da pesticidi dei terreni agricoli e il suolo fertile si sta perdendo più velocemente di quanto possa rigenerarsi in oltre il 10% della superficie terrestre europea, tagliando la produzione di circa 1,25 miliardi di euro all'anno. Siccità e ondate di calore legate al riscaldamento del clima colpiscono sempre più la produzione agricola. L'agricoltura ecologica può aiutare a fermare o invertire questi problemi ea soddisfare la sicurezza alimentare europea".

Gli scettici del riscaldamento climatico, invece, affermano che poiché l'agricoltura stocca più CO2 di quanto ne emetta e l'utilizzo della chimica, cosiddetta verde, ha favorito la produzione agricola, migliorandola, occorre puntare sull'impiego delle biotecnologie, anche nella forma degli OGM.

Noi crediamo che entrambe le posizioni siano scorrette. Le posizioni ambientaliste danno per scontato dati che, invece, non trovano conferma scientifica. L'agricoltura ha un suo ruolo nelle emissioni di CO2, ma in maniera minore rispetto al settore della produzione dell'energie che è il vero tallone di Achille della sostenibilità (25%). I tecno-ottimisti, invece, non considerano i tempo naturali di ristoro degli ecosistemi e considerano progresso anche la brevettazione di semi e specie vegetali e aspirano ad un futuro high-tech i cui esiti non sono noti.

Occorre, invece, una prospettiva integrale per considerare che l'agricoltura è innanzitutto un compito dell'uomo, che può certamente migliorare la natura, completandone lo scopo intrinseco. Il cibo è dono di Dio all'umanità e prima che high-tech deve essere accessibile a tutte le popolazioni. Le sacche di povertà sono ancora troppo estese e vi è un urgente bisogno di redistribuzione del cibo nella popolazione mondiale. Inaccettabile resta, in un'ottica cristiana, la brevettabilità di semi e piante, perché esse sono date in consegna all'uomo e non in proprietà di qualcuno. Le biotecnologie possono essere certamente funzionali, ma non possono sovrasfruttare, intensificare la coltura, impoverire i suoli o danneggiare la salute come risultato; e questo ne costituisce il loro limite di uso.

Purtroppo questi temi sembrano essere lasciati ai cosiddetti esperti e il pubblico discorso e confronto è stitico o addirittura assente. Peccato che c'è di mezzo il futuro delle nuove generazioni e quel bene che si chiama salute, che tutti siamo disposti a dichiarare come primario, ma che quando comporta sacrifici personali o collettivi viene, invece, sacrificato sull'altare del profitto, in cui le multinazionali rappresentano i sacerdoti postmoderni.