RAPPORTO UOMO-NATURA
Articolo pubblicato su Toscana Oggi il 21 Ottobre 2018
- IL RAPPORTO UOMO-NATURA: MISTERO O DATO SCIENTIFICO?
Il rapporto uomo-natura è esplorato da centinaia di anni da filosofi, teologi e scienziati. Ogni scienza, in fondo, pone la stessa domanda: quale rapporto tra uomo e natura. Le più recenti ricerche neuroscientifiche mostrano che i nostri comportamenti non sono affatto così autodeterminati come a noi appare. Il nostro sistema percettivo è costituito in modo che l'ambiente sia esplorabile, ma non con la precisione che pensiamo di avere. I noti esperimenti realizzati sulle illusioni ottiche dimostrano che l'uomo percepisce in modo distorto, anzi limitato. Il nostro cervello produce moltissimi pensieri, ciò rappresenta la mente; essa attribuisce i significati agli stimoli ambientali esterni ed interni. Il sistema corporeo e mentale non sono dissociati, come Cartesio nel '500 volle affermare, ma comunicano, attraverso le vie neurofisiologiche. Anche la riflessione teologica, da tempo, si cimenta sul tema tra teologia e neuroscienze: tra libertà e determinismo.
Il rapporto uomo-natura ondeggia tra la prospettiva naturalistica, che tende a riconoscere esclusivamente le relazioni materiali; dall'altra le teorie che riconoscono il valore delle funzioni mentali, utilizzate per smentire le teorie naturalistiche. La prima prospettiva viene criticata per il suo riduzionismo, la seconda è detta olistica e viene criticata per la sua ascientificità. Gli scienziati e i filosofi si pongono su questo continuum ideale. Occorre affermare che le scienze naturali spiegano il "come" un sistema funzioni (la mente, per esempio, attraverso le neuroscienze), o il "chi fa" (la medicina basata sull'evidenza scientifica).
È possibile osservare il rapporto uomo-natura da un'altra prospettiva e per quale essa appare?
La prospettiva cambia se, osservando l'uomo e l'ambiente, si pone la domanda "perché". Gli studi ecosistemici e la riflessione filosofica sull'ambiente ci indicano la via finalistica come via feconda per dare una prospettiva alle domande fondamentali dell'uomo. Chiediamoci il "perché" delle cose.
L'impostazione antropologica sottostante ai paradigmi scientifici naturalistici attuali va sottoposta a severa critica. Ecco il punto. L'uomo postmoderno ha davanti a sé grandi sfide globali, che si risolvono al livello comunitario, ma mediante scelte personali, cioè in un contesto specifico.
Perché l'uomo è cosi? Cos'è la vita e perché assume la forma personale?
La risposta sull'uomo va data non dall'uomo ma da ciò che è altro da sé. L'uomo è un fatto, non solo naturale dotato di razionalità, ma è anche qualcosa in più. Bisogna trovare il coraggio di introdurre lo spirito nel discorso tra le diverse scienze e nel dibattito pubblico, in generale.
E la connessione tra saperi diversi e la interdisciplinarietà va considerata una ricchezza nel metodo di indagine.
Questo pretende che gli studiosi escano dal proprio paradigma scientifico relativo e dalle proprie certezze e abbiano il coraggio di andare, insieme, alla ricerca di un mistero: l'uomo. Egli è un mistero, un fatto misterioso, ma non nel senso dell'impossibilità di comprendere i suoi componenti naturalistici, di cui pur è fatto (a questo scopo ci sono le scienze); ma esso è misterioso nel senso che per la sua definizione occorre considerare ciò che è altro da sé; l'uomo non può spiegare se stesso.
Un ultima domanda va posta: e se l'altro da sé fosse l'Altro per eccellenza? Qualcosa che non appartiene per definizione al mondo fenomenologico dell'uomo?